Studio Picone
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Suo padre Antonio è proprietario di una fabbrica del vetro, la “vetreria” che tanto influirà nel percorso artistico di Giuseppe. Fin da piccolo si incanta a vedere gli operai che formano e trasformano la materia vetrosa nel grande forno sempre acceso.

La fabbrica dà lavoro a numerosi operai che producono oggetti d’uso quotidiano, oltre alle caratteristiche bottiglie dalle forme più disparate ed insolite. Antonio Picone è anche un discreto collezionista, compra soprattutto quadri dei pittori napoletani dell’800.

Giuseppe si forma negli istituti religiosi dei gesuiti e ne trae una grande libertà di pensiero. Il suo senso critico gli permette di profittare al massimo degli insegnamenti di quegli uomini di chiesa “illuminati”.

Piatti in ceramica dipinti a mano. Nalpoli 1946–48

Piatti in ceramica dipinti a mano. Nalpoli 1946–48

Nel primo dopoguerra si iscrive alla facoltà di giurisprudenza, probabilmente spinto più dalla consuetudine di tale scelta che per sua chiara vocazione. Infatti, quando non è sui libri, trascorre parecchio tempo nella vetreria ed è lì che, tra il calore delle fusioni, sperimenta l’uso dei colori per vetro su altri supporti. È in questo momento che nasce la sua passione per la ceramica.

Studio Picone - Ceramica

Piatti in ceramica decorati con sabbia del Vesuvio, Napoli 1946–48

La sua prima traccia “artistica” risale al 1954, quando partecipa alla ‘mostra d’oltremare’ a Napoli. Le sue prime opere sono realizzate con la sabbia del Vesuvio “spruzzata” su bianche superfici trattate ad ingobbio. le ceramiche di questo periodo condensano il sole di Napoli, il fuoco del forno e la sabbia del vulcano riuniti armonicamente in maniera semplice e “casuale”.

L’anno seguente un’azienda a Stoccolma gli compra una serie di piatti decorati. Nel ’56 ha una mostra a Malmö in Svezia.

Piatto in ceramica dipinti a mano, Napoli 1946–48

Piatto in ceramica dipinti a mano, Napoli 1946–48

La sua produzione artigianale riscuote successo per la limpida leggerezza e l’originalità dei motivi decorativi, che da incerte forme di pretini, piano piano, diventano icone grafiche che Picone compone, scompone, somma e colora in mille modi differenti. nel giro di pochi anni, la sua produzione viene acquistata da molti collezionisti in tutta europa – dal Belgio alla Francia, dalla Svezia alla Germania.

XI Triennale Milano, Luglio 1957

XI Triennale Milano, Luglio 1957

Giuseppe presenta i sui lavori alla redazione di domus che pubblicherà parecchie pagine con i suoi piatti.

Nel 1957, grazie a questi articoli viene invitato a partecipare alla XI° Triennale di Milano. esporrà ceramiche e stoffe decorate per cinque edizioni consecutive, fino al 1973.

La visibilità del suo lavoro porta Giuseppe a conoscere Adriano Olivetti, l’imprenditore che stava dando vita ad Ivrea a un progetto di innovazione industriale. artisti, architetti, designers, tecnici ed operai condividevano gli stessi luoghi e si scambiavano competenze.

Giuseppe partecipa a questa esperienza che termina nel 1958 con una sua mostra personale al centro culturale canavesano di Ivrea.

Mostra di Ivrea

Mostra di Ivrea

Dopo questa esperienza Giuseppe decide di passare alcuni mesi nel borgo marinaro di sant’angelo d’Ischia, per ritrovare ciò che ama da sempre: il sole, la natura e il mare. Nella primavera del ’58 avviene quello che Giuseppe ha definito come un punto di svolta della sua vita: conosce Regina Relang. la fotografa, con la consapevolezza di chi intuisce il vero talento, gli suggerisce di passare dalla ceramica alla stoffa. incantata, come tanti, dai “little priests” che decorano brocche, piatti e ciotole, è stato facile per lei immaginare questi grafismi stampati su tuniche e abiti estivi.

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Giuseppe non perde tempo e in pochi giorni produce una serie di teli dipinti all’aperto, con una tecnica assolutamente empirica.

Con l’aiuto di Elena Wassermann, proprietaria dell’unica boutique della piccola isola, realizza con questi teli i primi capi che vengono subito venduti. È Regina Relang, con le sue fotografie, che documenta il passaggio di Picone da ceramista a “creatore di moda”.

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Giuseppe ritratto dall’amico fotografo Mario Dondero, a Roma, fra il ’58–’59

Nell’ottobre del 1958 si trasferisce definitivamente a Roma, in piazza del popolo. Aveva scelto quella piazza perchè gli ricordava il mare. Qui lo accoglie la “bella vita”, con tanti personaggi che hanno popolato Roma in quegli anni e nel decennio successivo. Pittori, registi, scrittori, intellettuali e le tante dive internazionali a spasso in via Veneto.

Nei primi anni nello studio a piazza del popolo, Giuseppe è sempre alla ricerca di materiale per produrre le sue stoffe realizzate interamente a mano. I suoi disegni e le tuniche piacciono molto e sono sempre più apprezzati. Aumentano le richieste, così come l’interesse e la curiosità per il suo caratteristico marchio: il sole con il pretino.
Le giornaliste di moda pubblicano articoli sulle sue collezioni e le redazioni delle riviste femminili gli chiedono in continuazione abiti e capi firmati picone da fotografare e commentare. L’attrice Marilù Tolo si fa ritrarre nel suo studio mentre prova degli abiti che “sembrano quadri indossati”. Si tratta prevalentemente di tuniche in tela di cotone, che Giuseppe disegnerà anche per importanti marchi dell’epoca (Cole of California negli USA, Krizia a Milano. Si tratta prevalentemente di tuniche in tela di cotone, che Giuseppe disegnerà anche per importanti marchi dell’epoca (Cole of California negli USA, Krizia a Milano.

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Giuseppe al lavoro, e capi indossati

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Tuniche pubblicate sulle riviste dell’epoca

Con gli anni ’60 inizia la produzione di stoffe stampate con i telai da serigrafia.

Giuseppe trova a Como i migliori fornitori e può lavorare anche su materiali che non siano solo il cotone. ecco quindi le prime lane e sete stampate con i suoi patterns che diventano, per un breve periodo, abiti di alta moda.

Tuniche pubblicate sulle riviste dell'epoca

Tuniche pubblicate sulle riviste dell’epoca

Lo studio picone – nato ufficialmente nel 1967 con la boutique di Cia Dei Greci – distribuisce le sue collezioni prêt à porter in un sempre maggior numero di paesi stranieri.

È l’inizio della promozione del “made in italy” nel mondo, e gli abiti con i pretini sfilano accanto a quelli dei grandi sarti italiani. (40, 45)

Alla fine degli anni ’60 incontra Dominique Giroud che diventerà sua moglie ma anche la “stilista” dello Studio Picone, disegnando i modelli delle collezioni e decidendo le “cartelle colori”.

Il Giappone ha scoperto lo Studio Picone Roma nel ’68. A differenza di molti altri stilisti italiani, che in quegli anni si avvicinano alle prime multinazionali per la produzione industriale, Picone rimane nell’ambito artigianale.

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Tunica pubblicate sulle riviste dell’epoca

Quando, a metà degli anni ’80, biki Japan ottiene la licenza per produrre in Giappone i disegni dello studio picone roma, l’impegno produttivo si dimezza e giuseppe riesce così a tornare alla lavorazione della ceramica. si reca dunque nelle fabbriche umbre di deruta da cui uscirà una serie di opere con diverse fogge: castelli, scale, sedie, ciotoline colorate e vasi.

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vasi anni 90

vasi anni 90

vasi anni 90

Nei primi vent’anni di collaborazione, lo Studio Picone ha ideato e prodotto per Sann Frère-biki Japan oltre 15.000 capi all’anno.

abiti serigrafia a mano

abiti serigrafia a mano

Con il passare degli anni i compratori giapponesi, innamorati del segno grafico del pretino chiedono a picone di applicarlo sui più svariati accessori: occhiali, orologi, borse, ombrelli, cravatte, scarpe, portachiavi, ceramiche ecc.

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64Nel 2000 produce una nuova serie di ceramiche, ‘oggetti ritrovati dai fiori’: vasi in cui ritorna la forma lineare del pretino, esposti a Roma, da Spaziosette.

Oltre alla produzione di ceramiche, in questi anni realizza una serie quasi infinita di “vignette” il cui filo conduttore è sempre il pretino. In queste illustrazioni il suo personaggio esce dall’astrazione del segno grafico per dare vita ad uno nuovo stile figurativo. Sono i disegni che Giuseppe manda ogni anno in Giappone (circa 120) – dal 1985 al 2008, l’anno della sua scomparsa – al gruppo biki Japan e che verranno utilizzati come fonte d’ispirazione.

71Nell’ultimo periodo della sua vita lavora e disegna nella sua casa di campagna in Umbria, dove raduna gran parte del suo materiale d’archivio.

In questo luogo, che è per lui fonte d’ispirazione, ha dato libero sfogo alla sua amata ossessione. Su divani, cuscini, tende, quadri, piastrelle, piatti, tazze, tovaglie, asciugamani… ovunque, il suo pretino.

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